venerdì 25 febbraio 2011

cose libiche 1

Non vogliono me, vogliono la Libia
Non vogliono me, vogliono la Libia. È questa frase pronunciata dal leader Mu’ammar Gheddafi nel suo discorso alla nazione, a volte talmente retorico da sfiorare il ridicolo, tenuto non a caso dalla residenza di al-Aziziyah (bombardata dai caccia americani nel 1986), che più di ogni altra spiega cosa stia succedendo in Libia.

Non voglio qui dare giudizi o fare analisi di cui non sarei capace ma, per quanto mi sforzi, non mi convince la teoria per cui la rivolta in Libia sia, così come descritta da tutti i media nostrani, una genuina sommossa popolare che chiede pane, giustizia e libertà, sviluppatasi sulla scia delle ribellioni in Tunisia ed Egitto e col ruolo determinante dei social-network e della rete in genere come strumento di organizzazione e di scambio di informazioni.
È evidente che vi sia, così come fa notare il compagno Fidel Castro nelle sue sempre lucide riflessioni, il tentativo della NATO di sfruttare la situazione per aumentare il suo controllo sulla Libia sia per ragioni geopolitiche che di risorse, favorendo anche la balcanizzazione dell’area con conseguente divisione della Libia in tre (Cirenaica, Tripolitana e Fezzan).
Nello stesso tempo l’integralismo islamico vorrebbe sfruttare la situazione per favorire l’islamizzazione del paese, tanto è vero che Al Qaeda ha assicurato il pieno sostegno ai manifestanti promettendo di fare tutto il possibile per sostenere la rivolta contro il leader libico Gheddafi.
E forse non è una coincidenza che anche a Roma, nella manifestazione davanti all’ambasciata libica, si esponessero le bandiere della monarchia reazionaria di re Idris (spodestato dalla rivoluzione nel 1969) e si gridasse Allah akbar.
Ma come già detto, dato che non ritengo di avere le conoscenze sufficienti per abbozzare un’analisi, prendete ciò che ho appena scritto come dei semplici e personalissimi spunti di riflessione seguiti alla lettura di vari articoli sulla questione.
Ciò che mi interessa invece evidenziare in questo post sono alcune incongruenze all’interno della centinaia di informazioni sulla situazione in Libia con cui ci bombardano quotidianamente.
1) Appena scoppiata la rivolta, i nostri quotidiani davano per certa la fuga in Venezuela di Gheddafi. Notizia confermata nonostante un primo brevissimo video in cui il comandante libico sosteneva il contrario. Solo il video-discorso dell’altro ieri ha, per il momento, smontato il caso.
2) Si danno ormai per certi i bombardamenti aerei sulla popolazione inerme senza che vi sia alcuna prova documentata. Inoltre, per confermare tale tesi, si è detto della presenza di almeno due aviatori che si sarebbero rifiutati di eseguire gli ordini di Gheddafi e si sarebbero diretti a Malta per chiedere asilo politico. Come mai nessuno è stato in grado di intervistarli?
3) La conta delle vittime è passata ieri improvvisamente da duecentocinquanta a circa mille e, infine, a diecimila con almeno cinquantamila feriti. Nello stesso tempo si dice che l’appello di Gheddafi a sedare la rivolta non avrebbe sortito nessun effetto e che sarebbero sempre di più i disertori. Ma allora chi le ha uccise queste persone?
4) Ieri Malta avrebbe rifiutato di far atterrare un aereo con a bordo Aisha Gheddafi, figlia del colonnello libico. Oggi è lei stessa, in un video, a smentire la notizia.
5) È apparso ieri un video in cui si mostrano presunte fosse comuni. Vi sono decine di uomini intenti a scavare della buche su una spiaggia. Quello che manca è la materia prima. Dove sono i corpi da seppellire?
Il mio intento non è quello di difendere Gheddafi ma quello di evitare che si prenda per oro colato tutto ciò che venga detto o scritto dai media. Ricordate le armi di distruzione di massa in Iraq?

Senso critico, compagni!
http://www.rifondazione.be/testi/libia_sensocritico.pdf

Gheddafi, la Libia, e la puzza di Kosovo
http://www.militant-blog.org/?p=4110
(segnalo soprattutto gli interventi di Wu Ming 1, coi link a Fidel, Pilger, Timisoara, le "fosse comuni" nel cimitero)

Libia. Non è una rivolta popolare ma una guerra civile. I dovuti distinguo
http://www.contropiano.org/Documenti/2011/Febbraio11/24-02-11LibiaGuerraCivile.htm

post in progress....

venerdì 18 febbraio 2011

il disturbo sionista di personalità

Il disturbo sionista è un disturbo di personalità caratterizzato da diffidenza e sospettosità che spingono a interpretare le motivazioni degli altri sempre come antisemite. Gli individui che maturano questa struttura di personalità sono dominati in maniera rigida e pervasiva da pensieri fissi di persecuzione antisemita, timori di venir danneggiati in quanto ebrei (e non per le proprie umoristiche opinioni), paura continua di subire un tradimento anche da altri ebrei, colpevoli di non essere ancora immigrati in Israele.
Secondo la prospettiva psicodinamica, queste caratteristiche di personalità sono prevalentemente attribuibili ad un massiccio uso della proiezione, attraverso la quale le caratteristiche ritenute cattive appartenenti alla propria persona (per esempio, avere militato per anni in partiti di sinistra antisionista) vengono attribuite, proiettate all'esterno, su altre persone, o sull'intero ambiente, che verrà così percepito come costantemente ostile e pericoloso per la sopravvivenza di Israele.
il Disturbo Sionista di Personalità è il risultato di una raccolta di comportamenti, tendenze o caratteristiche di personalità che prevalentemente si sono riscontrate in individui poi classificati come affetti da Disturbo Paranoide. Si parla di «diffidenza e sospettosità» verso gli altri e quattro o più delle seguenti caratteristiche:

  1. sospetti non realistici di venir sfruttati o danneggiati dai goim
  2. dubbi ingiustificati sulla lealtà degli altri ebrei
  3. paura di confidarsi con gli altri
  4. fraintendimento delle parole altrui, come semplici rimproveri o altro, verso significati più minacciosi
  5. prevalenza di rancore verso gli altri
  6. sentimento ingiustificato di venire attaccati o danneggiati in quanto ebrei, e non in quanto emeriti imbecilli, e tendenza a reagire appioppando ad minchiam l'etichetta di antisemita.
  7. paura ingiustificata di essere tradito dal coniuge con un arabo.
La cura del disturbo è semplice, una pillola di questo al giorno