Il 24 settembre al Victoria and Albert Museum di Londra si inaugurerà la
grande mostra dal titolo Postmoderno-Stile e sovversione 1970-1990. Si
tratterà di una memorabile retrospettiva globale sui rapporti fra arti
visive, design e Postmoderno. Sono in molti a prevedere che ciò potrà
sancire la fine dell'influenza del Postmodern sull'arte. Noi non
nutriamo la stessa fiducia visto il ruolo che oggettivamente ha svolto
questa corrente di pensiero nel legittimare qualsiasi intrapresa
post-ideologica contigua agli attuali assetti di potere. A incrementare
l'attenzione su questa notizia concorre l'acceso dibattito su giornali e
riviste sul lancio, da parte di Maurizio Ferraris, del manifesto del
cosiddetto New Realism. Quest'ultimo si colloca in aperto contrasto con
le note posizioni di Vattimo e del suo Pensiero debole (pubblicato con
Rovatti nel 1983), una vera e propria architrave nobile del postmoderno
italiano.
Lo scontro, nemmeno troppo diplomatico, pone, finalmente,
la questione del superamento di posizioni fino a oggi vincenti che,
traendo spunto dal fallimento delle grandi utopie, sancivano l'eclissi
di qualsiasi idea forte (tipica del modernismo) a favore di una
prospettiva progettualmente postmoderna e "debolista", istruita alla
plasticità di un esercizio del dubbio sistematico e aperto a legittimare
le molte verità possibili (a partire da quella neoliberista). Nella
primavera prossima un grande convegno a Bonn, a cui parteciperà anche
Umberto Eco e altri filosofi internazionali, affronterà queste
tematiche. Tematiche che, c'è da aspettarsi, saranno anticipatamente
dibattute ad alto livello nel prossimo Festival della Filosofia di
Modena che vedrà Maurizio Ferraris fra i protagonisti.
Ma che cos'è
veramente il Postmoderno? Si tratta dell' "incredulità verso la
metanarrativa", un'espressione sintetica di Jean-Francois Lyotard, il
quale con la sua Condition postmoderne (1979) è stato il maggior teorico
di questo pensiero, per altro manifestatosi precedentemente (sin dagli
anni Sessanta) in ambiti artistico letterari e in particolare in
architettura. Secondo Lyotard, con il decadere dei grandi sistemi
interpretativi applicati alla scienza, alla politica e all'arte sarebbe
finito il tempo delle narrazioni (evidentemente Niki Vendola ha tratto
grande alimento da queste riflessioni). Non esisterebbero, cioè, più
verità forti ma solo temporanee probabilità, spesso utili da un punto di
vista tattico-pragmatico ma non utilizzabili dal punto di vista delle
grandi strategie di trasformazione del mondo.
Il Postmoderno trova
nel celebre assunto nietzschiano «non esistono fatti ma solo
interpretazioni dei fatti» il suo fondamento relativistico. Qualsiasi
concezione della storia che sia fondata su un disegno unitario disposto a
prendere in considerazione - pur nella consapevolezza delle inevitabili
difficoltà - un unico e/o prevalente prospettiva possibile è negato in
partenza.
La fine della storia di Fukuyama, infatti, tredici anni
dopo la Condizione postmoderna, cristallizzerà le posizioni di Lyotard.
Scienza, arte, architettura e letteratura diventano sottoinsiemi di un
pensiero più generale che tende a teorizzare l'impossibilità e anzi la
nocività di qualsiasi visione unitaria e coerente. Gli scienziati
possono avanzare solo delle opinioni. Gli architetti e gli artisti
possono solo rivisitare concezioni e stili che appartengono al passato
perché con la "fine della storia", semplicemente, ogni futuro ha cessato
di esistere. Il capitalismo è il grande vincitore. Non solo non
esistono certezze in grado di contestare questo dato di fatto ma nemmeno
plausibili controdeduzioni. E così tutto sfuma e si relativizza. Ogni
pensiero altro e ogni azione naufragano prima di prendere il largo.
Quanto questo possa far piacere ai burattinai di questo teatrino è
facile capire.
Scrive F. Jameson, il quale considera il postmoderno
come una proiezione del tardocapitalismo globalizzato: «Il lettore non
si lasci fuorviare dal fatto che Lyotard enumeri cinque diverse grandi
narrazioni (Illuminismo, Idealismo, Marxismo, Cristianesimo e
Capitalismo); è una sola la grande narrazione che Lyotard desidera
realmente falsificare, ed è quella comunista e marxista (…) Egli per
ammazzare il padre uccide tutti gli adulti» (Il Postmoderno o la logica
cultura del tardocapitalismo).
In Italia Portoghesi per
l'architettura e Achille Bonito Oliva per le arti visive sono stati i
più grandi interpreti di questo pensiero. La Transavanguardia, che
conosciamo meglio, è stato il movimento artistico che più si è adeguato a
questa visione tattica (volutamente non strategica), oggettivamente
antimoderna e nomadica (come chi vaga senza avere una meta). I risultati
noi li conosciamo e non sono irresistibili (tranne alcune eccezioni).
Ricominciare allora a credere che la storia non si ferma e che in arte,
come in politica, come in architettura, come in letteratura - senza
indulgere in stucchevoli e improbabili sicurezze -
si deve guardare in
alto, si deve guardare in avanti, perché questo mondo per forza va
cambiato, è oggi più che mai necessario. Speriamo veramente che la
mostra di Londra e il Convegno di Bonn avvicinino questa prospettiva.
Roberto Gramiccia
domenica 11 settembre 2011
Postmoderno, un pensiero contiguo alla verità neoliberista
su Liberazione del 11/09/2011
Pubblicato da amaryllide alle 14:19 0 commenti
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