"Obama ha perso 10 milioni di voti
popolari, rispetto alla volta scorsa, raccogliendone oggi meno di quel
che ne ebbe Mc Cain"
McCain 2008: 59.9 milioni di voti
Obama 2012: 61.7 milioni di voti (e quindi "solo" 7.7 milioni di voti popolari in meno)
QUi AG sbaglia perchè si dimentica del fatto che negli USA prima si dichiara il vincitore, e poi si contano i voti.
Il sistema elettorale yankee è il più disorganizzato dell'occidente, sostanzialmente perchè il voto è gestito dalle singole contee, per cui ci sono contee ricchissime che si possono permettere di allestire molti seggi e pagare molti scrutatori per ogni seggio, e contee povere che non avendo soldi creano seggi con un numero enorme di elettori. Non solo: per fare gli electoral days negli USA mettono dentro di tutto in una sola tornata elettorale, ovvero voto per il presidente, per la camera, per un terzo del senato, e per i numerosi referendum locali. IN Florida la scheda elettorale era di ben dieci pagine, e c'erano le file sia nelle giornate precedenti al voto (negli USA per aiutare chi non può votare di martedì, che è giorno feriale, fanno votare anche prima), sia persino dopo che Obama si era assegnato la vittoria, Non solo, le leggi elettorali della Florida dicono che le contee hanno tempo fino alla mezzanotte locale del sabato per dare i risultati definitivi: visto che da 40 anni la Florida è lo swing state per eccellenza, e
quindi il più "sorvegliato" dai mass media, figuriamoci cos'è successo
altrove! Per esempio, ancora oggi lo stato di Washington è fermo all'83%, mancando all'appello ancora circa mezzo milione di voti, cioè circa 300.000 per Obama e 200.000 per Romney.
"b- anche i repubblicani hanno perso
elettori che hanno preferito astenersi, ma in misura decisamente più
ridotta, per cui il distacco percentuale è sceso dal 7 al 2%;"
per quanto sopra (ovvero lo spoglio negli stati sicuri è più lento, e quindi il vantaggio del vincitore, che ha più stati sicuri, aumenterà alla fine), il distacco si è allargato fino al 2.7%, ma questo è irrilevante rispetto al dato politico, ovvero che Obama ha perso un elettore su nove, pur aveno contro lo sconfitto delle primarie vinte dal signore che ha battuto 4 anni fa.
"c- ha perso tre stati e, di conseguenza 33 grandi elettori;"
questo è un errore grave: Obama ha perso solo 2 stati, per un totale di 26 grandi elettori. Gli altri 7 NON sono g.e. di un terzo stato, ma il risultato degli aggiustamenti che ogni 4 anni si fanno per adeguare il numero di grandi elettori di ogni stato al suo reale peso demografico. In pratica, dei 18 stati che hanno cambiato g.e., ben 8 degli 11 che hanno votato Obama hanno perso g.e. (su tutti Ohio e N.York -2 a testa), mentre nei 7 stati vinti dai repubblicani 5 hanno avuto più g.e. (Texas addirittura +4), per un totale di -6 negli stati obamiani e +6 in quelli repubblicani. Il 33° repubblicano in più è il quinto g.e. del Nebraska che ha un sistema elettorale che non è maggioritario secco come altrove.
"d- la Camera dei rappresentanti resta a
maggioranza repubblicana ed in un momento delicato nel quale occorre
fare i conti con il problema del debito pubblico;"
su questo da incallito machiavellico ho una mia tesi, che enuncerò alla fine del ragionamento. A cosa serve un partito di destra liberista durante una crisi economica? Sicuramente non a risolverla, essendo il liberismo stesso la causa della crisi. Quindi serve ad altro, per esempio a far pagare tutto il prezzo della crisi al proletariato, in quattro modi: licenziamenti, tagli di salari (i lavoratori hanno perso l'OTTANTA per cento del proprio potere d'acquisto in dieci anni: http://www.zerohedge.com/news/2012-10-25/hour-your-time-has-never-been-worth-less), distruzione del welfare state, niente tasse per i ricchi. Due di questi obiettivi si raggiungono nei luoghi di lavoro, gli altri due sono politici, e impongono di avere una pattuglia di cani da riporto dei miliardari che sia in grado di bloccare qualsiasi legge che tocchi i loro sudati risparmi in parlamento. Ma per un obiettivo politico così misero, non serve governare, basta e avanza il controllo di uno dei centri del potere politico e da lì fare ostruzionismo.
Qualcosa di simile all'abominevole legge della California che impone la dittatura della minoranza a chi vuole alzare le tasse per pagare i maggiori costi del welfare state in tempi di crisi: secondo la legge voluta dai repubblicani ci vuole la maggioranza dei due terzi per alzare le tasse, e quindi, avendo i repubblicani almeno il 40% dei voti, non si può mai fare: risultato, lo stato più ricco degli USA è vicino al fallimento. Sarebbe come se si imponesse per legge a chiunque, miliardari compresi, di non dare più di 10 euro al giorno ai propri parenti per costringere tutti a lavorare. A prescindere dal fatto che il lavoro ci sia per tutti.
Quale centro di potere politico è più adatto? La presidenza no, perchè il potere esecutivo per definizione deve agire, che è una cosa un po' più difficile che impedire agli altri di farlo, e nell'immaginario yankee un comandante in capo che non agisce non è solo un pessimo presidente, ma fa fare una brutta figura al paese intero. La corte suprema può andare bene, ma ha il difetto di arrivare troppo tardi e di rendere palese l'antidemocraticità di chi con un pugno di uomini tiene sotto scacco il volere di centinaia di milioni di americani. Però il suo contributo lo può dare, per esempio con la sentenza che ha permesso la nascita dei superPAC (ovvero i giganteschi comitati di finanziamenti senza nessun limite), che bastano e avanzano per ottenere il risultato finale, ovvero il controllo di almeno uno dei due rami del parlamento.
C'è un altro motivo di sostegno indiretto alla mia tesi che scopro soltanto adesso: alle elezioni per la Camera i repubblicani hanno conservato una maggioranza netta (qualche deputato in meno del 2010, ma poca roba), pur avendo perso nel conteggio del totale dei voti popolari. Il che vuol dire che gli strateghi del partito hanno usufruito al massimo del gerrymandering: si chiama così il sistema con cui il partito al potere si assicura di restare tale non avendo più voti, ma ridisegnando i confini dei collegi elettorali in modo da vincere anche con meno voti. Esempio: in un capoluogo il partito X al potere secondo i sondaggi il 40% dei voti, ma nella provincia ha il 60%, e nel complesso, essendo di più gli abitanti del capoluogo di quelli del circondario, il partito X è in minoranza, diciamo 45 a 55%. Per non perdere le successive elezioni, il partito X divide la provincia in tre e fa una legge che dice che vince chi prende più collegi (e non più voti): la divisione viene fatta in modo da fare un collegio che raggruppa tutti i quartieri più filoY del capoluogo (dove X prenderà il 25%), uno con i comuni del circondario meno filoX (ma abbastanza per farlo vincere col 55%), uno costruito unendo coi quartieri meno ostili a X del capoluogo (dove è in svantaggio 45 a 55) più i comuni più filoX della provincia (dove vince 65 a 35), e in questo terzo collegio, che è determinante, vincerà 55 a 45, e grazie ad esso vincerà pure le elezioni, pur avendo solo il 45% dei voti totali.
Evidentemente chi è così abile da cucire la vittoria all'abito del partito meno votato non può essere incapace di sfruttare il prevedibilissimo crollo del voto per Obama ribaltando la situazione in Florida, Ohio e Virginia.
Anzi, la volontà di non vincere spiegherebbe anche perchè molte delle gaffes di Romney NON siano state fatte in discorsi pubblici, ma in incontri di raccolta fondi con gente del suo partito, che chissà come venivano fuori sistematicamente. In particolare dopo che nel primo dibattito, non per merito di Romney, ma esclusivamente a causa dell'inattesa (per un retore magistrale come il presidente incarico) figuraccia di Obama, le presidenziali stavano per riaprirsi.
Ecco quindi la mia tesi: i repubblicani NON volevano vincere le elezioni presidenziali, altrimenti non avrebbero candidato un perdente al quadrato (ovvero uno già sconfitto alle primarie del 2008 da McCain che ha portato il suo partito al risultato peggiore dai tempi di Bob Dole). I repubblicani volevano conservare la maggioranza alla camera e basta. La campagna di Romney è servita solo a coprire l'obiettivo principale repubblicano, che non poteva essere dichiarato pubblicamente. Se un esponente di punta dei repubblicani avesse detto che a loro interessava mantenere la camera per impedire a Obama di tassare i ricchi ci sarebbe stata una corsa alle urne dei democratici per tornare maggioranza anche alla camera, cosa che non è avvenuta. E questo è sicuramente un demerito degli strateghi democratici, che non sono stati (o non hanno voluto, visto che anche il PD campa di finanziamenti dei miliardari?) capaci di mandare il messaggio "votate anche alla camera, perchè se votate solo Obama non cambia niente". E infatti ci sono 6 milioni di voti di differenza tra Obama e i democratici alla camera, e ben UNDICI milioni di voti in meno per i democratici tra 2008 e 2012.
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